Per un certo periodo, durante gli anni
'80, il parco del castello ha aperto i cancelli al pubblico un paio
di giorni la settimana. Il bambino che ero allora approfittava sempre
di quelle occasioni e si divertiva ad esplorarne i viali, ammirando
da vicino i leoni di pietra (mia madre mi diceva che una volta erano
posti all'inizio del paese; sulla “Curva dei Leoni”, appunto) e
correndo su e giù per il tunnel vegetale che costeggia il lato di
via Dante.
C'erano tante cose curiose in
quell'enorme parco ma il dettaglio che più mi colpiva era una
lapide sbiadita che si trovava nel boschetto in fondo alla galleria
di alberi, sul lato opposto rispetto all'entrata.
“L'anno 1803 il dì 15 luglio alle
ore 10 del mattino Federico Federici della città di Trento,
ufficiale nel corpo dell'artiglieria italiana di guarnigione in Pavia
in età di anni 24 per delirio di amore qui si uccise”, diceva la
scritta riportata.
Durante l'infanzia è difficile capire
bene il concetto di morte, figuriamoci quello di suicidio. Sarà per
quello che l'immagine di un poveretto che si era tolto la vita per
via di un cuore spezzato mi incuriosì tanto. Quella strana lapide
era una cosa che non avevo mai visto e raccontava una storia troppo
grande, che facevo fatica a comprendere.
Un po' di anni dopo, da adolescente,
qualcuno mi raccontò la leggenda di un fantasma nel parco del
castello. Venne fuori che era lo stesso ufficiale che si era dato la
morte in quel punto del giardino. La vicenda prendeva così un'aria
più misteriosa: si diceva infatti che nella notte che precedeva
l'anniversario del suicidio si potesse vedere lo spettro del
poveretto aggirarsi per i viali del castello. Mai avuto occasione di
constatarlo di persona ma per un po' mi è piaciuto crederlo.
In tempi recenti, durante le visite
alle mostre che periodicamente si svolgono in castello, ho
passeggiato più di una volta fino alla lapide. Oggi il gesto
dell'infelice Federico Federici ha un senso molto diverso, lontano
dalla curiosità infantile e dalle storie paurose che possono
scaturire da una mente adolescente. Oggi la sorte dell'ufficiale
trentino mi sembra solo triste e mi è venuta la voglia di conoscere
la verità sulla vicenda. Ringrazio dunque Giuseppe Malinverni per
aver accolto il mio appello alla salvaguardia del patrimonio storico
di Belgioioso e per avermi fatto avere l'opuscolo che ho
digitalizzato e riportato qui di seguito, a disposizione di chiunque
sia interessato. Il documento fa parte di un pacchetto più vasto di
materiale presente nella biblioteca comunale, fascicoli e volumi che
non riguardano solo il castello ma vari aspetti della storia di
Belgioioso.
Con il tempo pubblicherò anche il
resto, per il momento concentriamoci sulla vera storia di quell'amore
disperato e fatale.
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