Bruno Marin con il suo libro di poesie |
Ho qui sulla scrivania un libretto
arancione che si intitola “Quätar vers scrit in dialet”.
Contiene, come si intuisce, poesie dialettali. Lo ha scritto Bruno
Marin, attingendo ai suoi ricordi e alle sensazioni che provava di
volta in volta. Ogni pagina contiene una storia, spesso legata a filo
doppio con il nostro paese. C'è una poesia per la Croce Azzurra e
un'altra per il castello e anche una dedicata ai coscritti della
classe del '51.
Mi soffermo su quest'ultima perché è
stata quella che ha innescato la mia chiacchierata con Bruno, che era
passato a casa dei miei genitori per consegnare a mio padre (nato nel
'51) il sentito tributo in versi a quella classe.
Tra una parola e l'altra ho scoperto
che con questo poeta che non vuole essere definito tale (dice che si
diletta soltanto a scrivere quel che sente) ho parecchie amicizie
comuni, come lo scrittore Lino Veneroni e il vulcanico Gigi Rognoni,
presidente del circolo “La Barcela”. Tutta gente che non si tira
indietro quando c'è da raccontare e diffondere le storie della
nostra provincia.
E Bruno, da questo punto di vista, fa
la sua parte senza risparmiarsi. Ad ogni occasione mette in fila
quadri e situazioni, verso dopo verso. Siccome lo fa senza sentirsi
un poeta bisogna dunque che accetti un altra classificazione. Come
potremmo definirlo allora, se non infaticabile fabbricante di poesie?
L'AMICO BRUNO MARIN E' UN GRANDE.QUELLO CHE SCRIVE ESCE DAL PROFONDO DEL CUORE.BRAVO BRUNO CONTINUA,E CHE LA TUA FABBRICA NON CHIUDA MAI.
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